La città-comune di Trieste è de facto già “metropolitana” se si considera che le città metropolitane nel FVG si possono istituire ai sensi della legge regionale fin dal 2006, quando vennero fissate precise condizioni a misura del capoluogo Giuliano. Non serviva la modifica statutaria, che si è trasformata in sottile quanto antipatico casus belli ad uso e consumo locale, ad attizzare un già di per sé delicato confronto in vista delle prossime elezioni amministrative. La legge regionale è semplice quanto chiara: la città metropolitana nasce da uno o più comuni, purché tocchino i 200.000 abitanti. Trieste può quanto meno in una prima fase benissimo partire da sola, senza scomodare i comuni vicini o addirittura l’area Isontina e senza stimolare inutili polemiche e vere o presunte preoccupazioni nel Friuli. Gli altri, se lo vorranno, decideranno con i propri ritmi e facendo le proprie valutazioni in assoluta libertà ed autonomia. Ciò vale in primo luogo per i Comuni perfettamente bilingui che la circondano, nei quali la minoranza slovena gode di precisi diritti e ruolo sanciti dai trattati internazionali ed ai quali non può venir imposto alcunché. Gli stessi possono invece costituire una UTI a se stante. Una volta assunto lo status di ‘città metropolitana’ l’attuale Municipio di Trieste dovrà innanzitutto intraprendere un confronto con Stato e Regione, affinché gli vengano trasferiti –passaggio questo tutt’altro che scontato e automatico- opportunità e funzioni aggiuntive, che possono andare dalla portualità e sviluppo industriale fino alla collaborazione transfrontaliera ed oltre. A queste condizioni la Slovenska skupnost è pronta a giocare la sua parte!
Confermiamo la stessa diponibilità anche per risolvere l’empasse della riforma regionale degli enti locali 26/2014 con le diciotto UTI che stentano a partire. Limitandoci per un attimo alla sola area di insediamento della minoranza slovena, vale a dire 32 comuni confinari da Muggia a Tarvisio, vanno approvate dal Consiglio regionale garanzie aggiuntive che rafforzino il ruolo e l’autonomia di realtà comunali bilingui o comunque soggette a tutela ai sensi delle leggi vigenti che vietano la diminuzione del livello di tutela. Nei comuni bilingui i servizi al cittadino come anche il funzionamento degli organi politici ed amministrativi devono considerare sempre e comunque il diritto all’uso paritario della lingua slovena. Un risultato conseguibile molto semplicemente ridisegnando le UTI tra comuni bilingui. In ogni caso le denominazioni e gli statuti delle UTI, che ricomprendono anche un solo comune soggetto a tutela, non possono che essere bilingui ed un tanto va specificato anche nelle stessa legge di riforma.
Igor Gabrovec, consigliere regionale della Slovenska skupnost
e Vicepresidente del Consiglio regionale del FVG
Trieste, 4 febbraio 2016